Renso Guasco - Torino, 1979

Renzo Guasco János Bencsik

è nato a Budapest nel 1945. Ha studiato presso l’Istituto di Arti Plastiche di Bucarest, diplomandosi nel 1971. Ha esposto in vari paesi europei.

Il catalogo di una mostra di litografie per la Divina Commedia all’Accademia di Romania di Roma recava un suo testo in italiano di cui mi pare utile citare qualche passo; „Qualche anno fa abitai per un po' di tempo in un villaggio tranquillo del mio Paese; villaggio con molti frutteti, una luce strana a causa delle condizioni atmosferiche poco normali, in prossimità di montagne e boschi pieni di mistero. Lì, in un giardino paradisiaco, ebbi l'incontro rivelatore con la Commedia... Leggere significa migliorare. Viaggiare con Dante significa vivere il sogno, cioè questo spazio che non tiene conto dello scorrere del tempo, disciplinato soltanto nella stupenda architettura della Commedia...”.

Questo scritto dell'artista ci introduce, meglio di ogni altro commento, nel mondo misterioso e mitico della sua opera.

Anche i titoli dei disegni e delle incisioni possono offrirci una chiave di lettura; Metamorfosi, Qualcosa di sospetto, Danza del Minotauro, Il grande mago, Voragine, Linea d'orizzonte, L'ombra.

La fantasia si perde nei miti. I segni tracciati da Bencsik sono sottilissimi, volubili, un groviglio di capelli. Le immagini emergono come larve dall'addensarsi, dal coagularsi dei segni. Figure umane che si allungano, si piegano, si contorcono, come agitate dal vento, scosse da un tremito. In disegni a matita, come La luce, Metamorfosi, La tentazione, Danza del Minotauro, mi sembra di poter immaginare i disegni del Pontormo filtrati attraverso le esperienze dell'Espressionismo centro-europeo.

Nelle incisioni il mondo misterioso di Bencsik affiora in modo più segreto e sottile. Anche da una conchiglia sulla sabbia può emanare una strana inquietudine.

Nell'acquafòrte L'ombra, l'ombra non è scura su fondo chiaro, ma è bianca su fondo scuro. Il mondo è rovesciato. Quella lunga traccia bianca, strana forma allungata, schiacciata sul terreno come un insetto tra le pagine di un libro, come una spoglia disseccata dal vento, come le impronte di Hiroshima, è l'impronta lasciata da un uomo? E' quello che è rimasto di lui?

Sarebbe un errore cercare di voler spiegare il significato riposto delle immagini nate dalla fantasia di Bencsik. Non nasconde dei simboli. Ricordiamo le sue parole: esiste uno „spazio che non tiene conto dello scorrere del tempo”, in cui non hanno vigore le leggi fisiche che regolano il nostro mondo.

Questo senso di profondo mistero emana in modo ancora più sottile nelle quattro incisioni dedicate alle quattro stagioni. Sono tecnicamente le più raffinate. Strane forme rese con un sapientissimo uso dell'acquatinta, forme che vanno dal grigio cenere al nero attraverso passaggi quasi impercettibili di tono, si muovono lievi contro uno sfondo (è il cielo ?) di un grigio appena percettibile. Non si può far riferimento a nessuna forma conosciuta, animale o vegetale. Posso solamente dire che ho l'impressione che queste forme (non so come definirle altrimenti) abbiano movimenti lentissimi e legeri, in una „luce strana a causa delle condizioni atmosferiche poco normali”.


Renzo Guasco - Torino - 1979